I 40 anni di “Born in the U.S.A.”, il disco che trasformò Bruce Springsteen in una star mondiale
Il 4 giugno 1984 usciva “Born in the U.S.A.”, uno degli album che hanno fatto la storia della musica. Capolavoro di Bruce Springsteen, ma anche quello che con circa 30 milioni di copie vendute in tutto il mondo, rappresenta il più grande successo della sua carriera. Il settimo disco del Boss, attraverso un sound tipicamente anni Ottanta che aveva fatto storcere il naso al suo zoccolo duro, è una discesa nelle viscere del sogno americano.
Il disco che ha trasformato il Boss in una superstar mondiale
Oggi sembra difficile capirlo, ma fu quasi un trauma per Bruce Springsteen e per buona parte degli springsteeniani. Probabilmente nessuno era preparato a quel successo clamoroso che ne fa uno degli album rock più venduti della storia ma che soprattutto ha trasformato il Boss in una super star mondiale. Da buon working class hero non era essere una super star da Mtv che gli interessava. Dopo aver sfondato, nel 1975, con “Born To Run”, nel 1978 aveva registrato “Darkness On The Edge Of Town”, un album potente e scurissimo. E dopo che nel 1980 grazie a “The River” aveva cominciato a riempire le arene americane e con “Hungry Heart” era per la prima volta entrato nelle chart dei singoli, nel 1982 aveva pubblicato “Nebraska”, un disco chitarra e voce, un capolavoro di spietato minimalismo rock.
La copertina
La foto di copertina è opera di Annie Leibovitz. Springsteen è ripreso di schiena, con lo sfondo della bandiera a stelle e strisce e indossa una semplice maglietta bianca e dei jeans. Dalla tasca posteriore destra, penzola un cappellino da baseball, sport americano per antonomasia.
La canzone “Born in the U.S.A.”
Per i fan il Boss era un culto, in Italia poi fino a quel momento erano un’enclave gelosissima della fede in quel ragazzo del New Jersey che riusciva a trasformare in musica e parole le loro vite e i loro sogni. L’album travolse il mondo con la forza di un uragano: per i puristi fu un oltraggio sentire le tastiere, con quel suono così puramente Eighties. Per il mondo intero fu come il canto delle sirene: “Born Down in a Dead Man’s Town” è l’incipit di un testo durissimo su un reduce del Vietnam che vive il dramma del ritorno a casa, eppure conquistò i quattro angoli del pianeta. Antimilitarista convinto, il Boss era stato frainteso da una fetta del pubblico proprio a causa del brano “Born in the Usa” interpretato erroneamente come grido di gioia patriottica: Ronald Reagan tentò di appropriarsene per le proprie campagne politiche per la sua rielezione, subito stoppato dal cantautore che rifiutò di concedergli i diritti.